Centrale Taccani

Trezzo sull’Adda (MI)
Gaetano Moretti, Adolfo Covi, Alessandro Taccani, 1904-06

Basamento-di-grattacielo-con-imbarcadero-e-idroscalo

Per quanto si tratti di un must del patrimonio industriale italiano, la mia prima volta alla Taccani è arrivata solo nel 2018, peraltro limitandosi a una breve sosta in una nuvolosa mattinata di fine agosto, mentre rientravo da Bergamo (e dalle rovine del Gleno…) per raggiungere Tortona per una grigliata fra amici. Quella mattina mi ripromisi di tornare, e così è stato, l’anno successivo, per ben tre volte.

È insomma un luogo a cui, per svariate circostanze, mi sono legato molto, ma per vostra fortuna non mi dilungherò oltre.

A fine Ottocento il villaggio-fabbrica di Crespi d’Adda sta lavorando ben oltre le previsioni, cosa che impone l’elettrificazione del cotonificio, fino ad allora consistente in una batteria di telai azionati da un impianto a vapore tramite lunghe cinghie di trasmissione.

Nel 1894 quindi il patròn Cristoforo Benigno Crespi compra l’intero promontorio di Trezzo per insediarvi una centrale elettrica: si tratta di un’area funzionalmente ottimale ma paesaggisticamente delicata, sovrastata com’è dalla rocca viscontea, per cui Crespi raccomanda ai suoi progettisti di evitare stravolgimenti. La veste architettonica, fra il viennese e il precolombiano, è affidata a Gaetano Moretti, mentre la parte tecnico-idraulica è a cura di Adolfo Covi, assistito da un giovane Alessandro Taccani (che poi supervisionerà il cantiere).

Posta sull’esterno di un’ampia ansa dell’Adda, la centrale ne capta comodamente le acque, assicurandosi un flusso costante tramite una briglia poco più a valle e uno scolmatore immediatamente a monte. Dopo un salto di soli 6 metri, le acque vanno a muovere 10 turbine “Kaplan” (ad asse verticale) che, azionando i soprastanti alternatori, producono ben 10 megawatt. Superate le turbine, le acque reflue attraversano in un tunnel il promontorio per poi riversarsi nuovamente nell’Adda.

La centrale è un caso estremamente felice di inserimento paesaggistico di un impianto industriale, ottenuto da Moretti sostanzialmente con due mosse: mantenere bassi e lunghi i volumi del complesso e rivestire il tutto con la pietra locale, il “ceppo d’Adda”, che è poi la stessa utilizzata per la rocca viscontea.

L’impianto è poi articolato secondo un approccio proto-funzionalista: l’ala lunga corrisponde alla sala alternatori, il padiglione alla sala comandi, l’ala corta alla sala dei generatori ausiliari a vapore (in caso di magra dell’Adda).

La centrale, di proprietà ENEL, è ancora operativa ma, direttive Covid permettendo, è periodicamente visitabile tramite la Proloco di Trezzo.

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