Il “palazzo dei televisori”
Genova Albaro
Piero Fiorio, 1971-74
Il civico 46 di Corso Italia sicuramente non passa inosservato. Io stesso ho ancora ben presente lo stupore che provai allorquando, nella mia nuova veste di cittadino genovese, nell’estate del ’98 iniziai a perlustrare il lungomare di levante e lo vidi per la prima volta.
Nel 1924 la famiglia Inga, dinastia di distillatori siracusani da tempo trasferitasi a Serravalle Scrivia, aveva deciso di concedersi il lusso di una villa presso il Lido di Albaro, incaricando del progetto il conterraneo (catanese) Francesco Fichera, che propose una graziosa soluzione in linea col barocchetto romano tanto in voga all’epoca.
Quasi cinquant’anni dopo, villa Inga non aveva più alcuna utilità per gli eredi, che decisero allora di sacrificarla per un’operazione immobiliare.
Per l’occasione, Piero Fiorio, ex-socio di Emilio Rino Piana (motivo per cui spesso nelle pubblicazioni ricorre l’erronea attribuzione a quest’ultimo), concepì qualcosa che ancor oggi riesce a destare stupore persino in un pubblico tendenzialmente passatista come quello genovese: il cosiddetto palazzo dei televisori, capace tanto di fare propri i traguardi del design contemporaneo, dalle librerie di Von Bohr per Kartell alle radio di Zanuso e Sapper per Brionvega, quanto di rielaborare in chiave moderna il cliché del villino marino della Belle Époque, tutto loggette, terrazze e bow-windows.
Una presenza, insomma, molto meno aliena di quanto una concezione superficiale del contesto potrebbe far intendere.
Per me è stato amore a prima vista