Quell’unico ponte

Il “pater incertus” del Terzo Valico dei Giovi

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Ciascuno di noi fa parte di una famiglia con cui vive ed a cui è legato, che lo voglia o meno. Spesso continuiamo a ripetere conflitti e malesseri nelle nostre esperienze, oppure portiamo sulle spalle pesi che non ci appartengono. O anche, viviamo a nostra insaputa il tragico destino di un familiare, scomparso da tanto tempo e mai conosciuto. Tutte queste dinamiche ci legano in modo negativo alla famiglia, impedendoci di guardare in avanti con forza gioiosa e di avere successo nella nostra vita.

(Bert Hellinger)

Ingombranti presenze ignorate, lontani avvenimenti mitizzati, silenzi omertosi e ritorni indesiderati: le dinamiche psicologiche di gruppo, variamente estese sia nello spazio (dal nucleo familiare a un popolo intero) sia nel tempo (da due a molte generazioni) possono rivelarsi utili chiavi di lettura nella comprensione delle più svariate vicende. Sembra allora funzionale a prestarsi a quest’approccio anche una storia genovese, guarda caso sconosciuta ai più, foriera di considerazioni più generali.

È il 3 agosto 2008 quando, con una serie di boati, scompare dal panorama del ponente della Superba l’ultimo tratto del cosiddetto viadotto ferroviario di Coronata, un manufatto molto appariscente di cui, a pochi anni dalla scomparsa, sembra non ricordarsi più nessuno: fatto strano per un’opera che verrebbe spontaneo associare alla febbrile attività del porto e dell’industria pesante; fenomeno invece comprensibilissimo poiché si trattava di un ponte mai utilizzato, essendo l’unico tronco realizzato del primo, sfortunato tentativo di un’infrastruttura ancor oggi attesa da Genova: il cosiddetto Terzo Valico dei Giovi, collegamento veloce con la Pianura Padana, attualmente in costruzione, così chiamato in riferimento alla prima linea realizzata nel 1853 e alla “Succursale” operativa dal 1899.

Testo integrale sul Wall Street International

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