Diga di Bric Zerbino
I capricci di un bambino invecchiato
L’ultimo, silente superstite di una catastrofe, poco naturale e troppo umana, si staglia solitario a neanche un’ora di macchina da Genova, nell’alta valle del torrente Orba, fra i comuni di Rossiglione e Molare: 4000 metri quadri di calcestruzzo armato, per un’altezza massima di 47 metri, vanamente protesi fra Bric Zerbino e Bric Saccone per contenere un lago fantasma, per sbarrare un fiume ormai altrove, per ribadire con infantile cocciutaggine una funzionalità del tutto perduta.
È la diga maggiore del (fu) lago di Ortiglieto, inconsapevole memoriale di un episodio tanto grave quanto misconosciuto: il disastro di Molare, tragico epilogo di una vicenda iniziata sotto i migliori auspici. A fine Ottocento questo angolo dell’appennino aveva destato l’interesse di uno dei massimi esperti italiani di elettricità: l’ingegner Luigi Zunini, progettista capace, imprenditore di successo e insegnante validissimo presso il neonato Istituto “Carlo Erba” del Politecnico di Milano. Fra il 1896 e il 1907 egli propose la realizzazione di un invaso artificiale, destinato inizialmente alla sola fornitura di acqua potabile, in seguito alla produzione idroelettrica, unica via percorribile per un’Italia affamata di energia ma povera di combustibili.
Testo integrale sul Wall Street International