La Maginot dell’etere

L’ex-base troposcatter NATO “Livorno”, nell’alta Val Magra, (MS).

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Ci sono luoghi per i quali la Storia sembra avere una sorta di predilezione, tanto da sceglierli periodicamente come palcoscenico per manifestarsi in tutta la sua forza. Ne sia un esempio la val Magra, regione strategica contesa nell’antichità fra Liguri e Romani, poi percorsa dalla nevralgica “strada delle cento miglia” fra Parma e Luni; qui sarebbero sorte numerose roccaforti in età medievale e moderna, a riprova di estenuanti contese fra i Malaspina, i Genovesi e i Medici. Qui, nel 1944, l’Alto Comando tedesco avrebbe disposto l’ultimo arretramento della Linea Gotica. Qui, pochi lustri dopo, avrebbe trovato posto un impianto destinato ad assurgere a monumento di un’epoca di cui c’è ancora tanto da capire: la Guerra Fredda.

A partire dal 1956 la NATO mise in opera la realizzazione di un sistema difensivo incentrato su dorsali radar poste lungo la Cortina di Ferro e interconnesse fra loro: la linea DEW (Distant Early Warning) fra lo stretto di Bering e la Groenlandia, lungo il 70° parallelo, per proseguire con la linea NARS (North Atlantic Radio System) a coprire Islanda, isole Faroer, Scozia e Inghilterra settentrionale, infine la linea ACE High, diretta verso sud attraverso Germania, Francia, Italia e Grecia per concludersi in Turchia. Realizzare rapidamente un dispositivo così efficace ed esteso fu possibile grazie all’impiego di una specifica tecnologia radar: il sistema “troposcatter”, consistente nella propagazione del segnale attraverso la troposfera, senza i limiti imposti dall’orizzonte elettromagnetico, altrimenti invalicabile con il precedente sistema “line of sight”. Nel caso di ACE High, ne conseguiva una catena di sole 49, potentissime stazioni radar lungo i quasi 4000 chilometri di tracciato fra Capo Nord e il Mediterraneo orientale. Pochi, lunghissimi balzi per trasmettere, non volesse Iddio, l’allarme rosso dalla Norvegia a Cipro in meno di un minuto.

Testo integrale sul Wall Street International

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