Tre capoluoghi provinciali soverchiati da un ingombrante capoluogo regionale; porti e porticcioli, commerciali e turistici, esistenti o da fare o da non fare; borghi marinari, aspre scogliere, terrazzamenti di uliveti a perdita d’occhio.

Questa, con buona approssimazione, l’immagine comune, ancor oggi, della Liguria. Un quadro da cui resta quasi sempre escluso l’entroterra, sintomatico di una più generale trascuratezza per i territori interni che con sempre maggiore frequenza si traduce in rovinose alluvioni; una sintesi incurante, di conseguenza, di una presenza tanto vistosa quanto rifiutata, in merito alla quale la Liguria vanta un primato sicuramente nazionale e probabilmente europeo: le infrastrutture di valico.

Cinque linee ferroviarie, quattro autostrade, una funivia merci e una ferrovia a scartamento ridotto, concentrate lungo i 200 km dell’arco ligure, costituiscono un vero e proprio museo a cielo aperto dell’ingegneria e della tecnologia, un monumentale archivio storico a disposizione di ricerche accademiche e un potenziale, ulteriore richiamo turistico. In una regione che, per la sua posizione rispetto al Mediterraneo e all’Europa continentale, era già ricca di assi di penetrazione spontanei mantenuti per consuetudine attraverso i secoli, a partire dall’età dei Lumi si sono affiancate grandi opere secondo un approccio astratto come non si vedeva dall’Antica Roma, grazie all’affinamento della topografia secondo un metodo di rappresentazione del suolo convenzionalmente verificabile. Studiare le opere di valico realizzate in Liguria significa comprendere la storia locale, nazionale, europea. Approfondire la storia contemporanea ligure permette di scoprire, accanto a quelle esistenti, una miriade di opere di valico sognate, tentate, perdute…

Testo integrale sul Wall Street International

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